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PARTECIPARE...
L'origine della parola "partecipare" è nel latino "particeps", composto da "pars" (parte) e "capere" (prendere). Letteralmente, quindi, partecipare vuol dire "prendere parte".
In che modo? Ovviamente nel modo più "attivo" possibile...
Certo, è risaputo che le brutte notizie attraggono più delle buone, innestando sensazioni di impotenza, frustazione.
I giornali e le televisioni sono sempre di più casse di risonanza di tragedie, drammi, sventure, propinateci a tutte le ore della giornata...
Così il lettore o il teleascoltatore deve imparare a "nuotare" in un mare di guerre e cronaca nera.
Anni fa fece scalpore lo scandalo della "Missione Arcobaleno": a profughi di guerre, sventurati di ogni genere di una parte dell'Europa "civile", furono inviati camion di indumenti e viveri, fra cui tight, abiti da sera, formaggi scaduti, mandati loro non per un senso di Solidarietà ma solo per fare spazio nei nostri armadi e nelle nostre dispense alimentari...
Io invito sempre ad aprire i nostri armadi e donare, senza spocchia, nè superbia, il jeans che non ci entra più, la maglia scolorita, il paltò fuorimoda: quello che per noi è superfluo, per una persona indigente è essenziale, ma donare ad un profugo di guerra un tight o un abito da sera femminile, con spacchi, è, a dir poco, offensivo! Regalare un pezzo di parmigiano scaduto è da bastardi!!
Così è la "partecipazione" in un club: è assai facile criticare l'operato del Consiglio Direttivo, molto più difficile ed impegnativo impegnarsi in prima persona, "sporcandosi" le mani...
"Io avrei fatto così..." è la frase che mi manda in bestia perchè detta sempre a bocce ferme.
Perchè non ti sei proposto? Perchè non hai suggerito la tua idea? Sei convinto che i dirigenti non ti avrebbero ascoltato?
Molto spesso, per non dire sempre, c'è una vera e propria frattura fra il Presidente e il Consiglio Direttivo con gli Iscritti: i primi "operano" con tante difficoltà, di ogni ordine e grado; i secondi si limitano ad accettare le decisioni e, quasi sempre, a criticare l'operato...
E' il passo che segna e separa le generazioni, null'altro. Un giovane freme se in una strettoia ha davanti a sè un anziano che cammina lentamente. Perciò si può ben dire che l'agilità e la rapidità del passo è un buon rivelatore dell'età. Ma anche la velocità dell'eloquio divide: il giovane parla con scalpitante energia, l'anziano si esprime con calma. Il giovane mal sopporta la lentezza del linguaggio dell'anziano così come quest'ultimo fa fatica a stare dietro alla celere sicurezza delle parole del primo. Ma, qualche volta, è l'anziano che, forte della sua esperienza, "legge" meglio e più velocemente la situazione... La cosa auspicabile è la collaborazione fra i due, la partecipazione di tutti...
EMILIO VITTOZZI